La sostenibilità sempre più strategica per le aziende
L’headhunter: «Candidati sostenibili? Sempre più necessità di inserirli»
Il cacciatore di teste rileva un aumento della sensibilità delle imprese sul tema della sostenibilità, che va oltre il raggiungimento della compliance normativa. Questi clienti chiedono profili professionali che si integrino con i valori e la cultura aziendale
La sostenibilità è, sempre più, parte integrante e determinante delle strategie delle aziende in una prospettiva di lungo periodo. Nel nuovo appuntamento della serie di interviste con head hunter (vedi qui le interviste precedenti), ETicaNews ha intervistato Marco Magagnotti, senior consultant manager presso Dotto Research, società italiana di executive search e consulenza aziendale. Il cacciatore di teste spiega che «anche in questo periodo complesso, gli eventi stanno portando a un aumento dalla “sensibilità” delle aziende su temi in ambito sociale, economico e ambientale». L’impegno delle imprese si posiziona «al di là della compliance normativa» e, alla luce della situazione di crisi, «rappresenta un cambiamento culturale nel mondo imprenditoriale a livello di innovazione, utilizzo di nuove tecnologie e produzioni». L’head hunter rileva anche che «implementare politiche di sustainability d’impresa ha effetti significativi in termini di incremento della reputazione dell’azienda, con impatti rilevanti sul miglioramento del clima interno e attrattività per la forza lavoro».
Che tipo di profili chiedono i vostri clienti in chiave sostenibile?
Nella nostra esperienza di oltre 35 anni nella ricerca e selezione di top e middle manager, abbiamo lavorato a progetti su queste tematiche in particolar modo per alcuni settori: finance & banking, luxury goods, società benefit, fondazioni e non profit, healthcare e chimico-farmaceutico, food & beverage, metalmeccanico, consumer goods, private equity e pubbliche amministrazioni. Il mercato è sempre in evoluzione e riscontriamo la diffusione della cultura della sostenibilità in importanti realtà industriali, in aziende quotate e nelle Pmi. Inoltre, sia i clienti sia i candidati mostrano sempre maggior interesse per il tema. Nella ricerca, orientamento e inserimento di manager, il tema sustainability in molti casi fa parte delle attitudini, competenze, conoscenze ed esperienze richieste dal cliente, ma non come unico requisito. In ambito sostenibilità, al fianco delle aziende affrontiamo le sfide “manageriali” e organizzative che sono rivolte principalmente all’inserimento di figure specifiche, che permettano di rendere effettivo e misurabile il contributo delle imprese al raggiungimento degli Sdgs (gli Obiettivi di investimento sostenibile delle Nazioni unite, ndr), che gestiscano e aiutino l’implementazione delle politiche e strategie aziendali in diverse aree: finance e legal, gestione del personale, marketing e comunicazione, ricerca e sviluppo, acquisti e produzione, operation e logistica integrata.
Qual è il vostro riscontro nel mercato del lavoro? Quali profili si trovano facilmente e quali no?
Non esistono profili facili e profili meno facili. Selezioniamo professionalità con competenze in ambito sostenibilità, prestando attenzione alla sensibilità individuale e alla cultura aziendale. Dove ritroviamo nei vertici e nel board questa cultura e politica d’impresa, vediamo poi che è allargata a tutti i ruoli, dirigenziali e non, e in diverse funzioni. Ad esempio, in alcune realtà industriali è definito un ruolo specifico dedicato come il corporate social officer o il corporate sustainability manager. Nelle risorse umane sono presenti figure che si occupano nello specifico di welfare, well-being e diversity. Oppure la sostenibilità viene inserita tra le competenze delle professionalità che selezioniamo in diverse aree funzionali, come il direttore di produzione, il plant manager, il direttore di stabilimento, il facility manager, il direttore acquisti, il direttore marketing, il responsabile della comunicazione, il direttore legale e affari societari. Per i primi livelli, in generale, cerchiamo sempre di comprendere la cultura, la sensibilità, l’attenzione e le esperienze di un candidato sul tema della sostenibilità. Se l’azienda ha già in corso o sta per partire con un piano e delle attività in questo ambito, quando selezioniamo i candidati c’è una particolare attenzione nell’individuare percorsi professionali pregressi in aziende più strutturate con esperienze in queste aree.
Quale metodologia seguite per selezionare i candidati?
La nostra metodologia segue un processo di ricerca diretta e mirata, una valutazione che avviene tramite colloqui strutturati individuali, volti a verificare competenze tecniche, manageriali e soft skill. Per noi è importante l’esperienza professionale e personale del candidato, la sua cultura e la coerenza con la job description. Inoltre, a supporto del processo di selezione, associamo anche il management assessment, specie per i profili chiave o su richiesta del cliente, con appropriati strumenti dedicati che ci permettono di rappresentare un profilo obiettivo dal punto di vista dello stile di leadership, potenzialità, motivazioni, attitudini relazionali e di lavoro in team, individuando i punti di forza e le aree di sviluppo del candidato. L’obiettivo è di facilitare l’integrazione del profilo professionale individuato, velocemente e coerentemente, con i valori e la cultura aziendale.
Quanto conta, nell’esame del candidato, il curriculum scolastico e quanto l’esperienza sul campo?
Contano entrambi: il percorso formativo ci dà alcuni elementi molto importanti per individuare diverse dimensioni e competenze del candidato; mentre il livello di esperienza e i risultati conseguiti sono fondamentali nella valutazione di figure manageriali di quadri e dirigenti, e profili di alto livello.
Cosa chiedete ai candidati per capire se sono veramente sostenibili o solo “greenwashing”?
È evidente che il tema è molto sentito a più livelli e spesso va a toccare aspetti di orgoglio e senso di appartenenza aziendale. Valutiamo la competenza del candidato, la tipologia di aziende con le quali ha lavorato e i risultati conseguiti. Su profili di alto livello, utilizziamo anche criteri diversi, conciliando le giuste conoscenze con le attitudini, le esperienze personali con l’attenzione alle tematiche ambientali e sociali. In alcuni casi, su richiesta dell’azienda, vengono previsti percorsi di selezione personalizzati con business case o project work in house.
Secondo lei, gli head hunter sono preparati a valutare questi aspetti?
Tutti i nostri head hunter hanno maturato esperienze in organizzazioni aziendali evolute e multinazionali. Ogni progetto di ricerca è sviluppato in modo unico, con un’analisi della realtà specifica dell’impresa e della job description e un follow-up costante con il cliente. Questo modus operandi alimenta e arricchisce ogni volta la conoscenza e l’esperienza aziendale, lo studio del settore incontrato e le specifiche tecniche richieste.
Secondo il vostro giudizio, quanto incide oggi la sostenibilità nelle dinamiche del mercato del lavoro?
La sostenibilità ha un peso che è destinato a crescere. Spesso le aziende si muovono su logiche legate ai risultati, al business e alla reputation. Oggi c’è molta più attenzione per le tematiche riguardanti le persone e per tutti gli altri aspetti della sostenibilità, senz’altro legati alla gestione del rapporto con gli stakeholder, alla capacità di misurazione e rendicontazione delle performance e degli impatti generati, al ciclo di vita del prodotto in linea con i principi dell’economia circolare. Più si estenderà nel modello di governance dell’impresa, più si fonderà con i valori, a noi cari, come l’affidabilità, la responsabilità, la fiducia, la trasparenza e l’etica.
Alessia Albertin
ETicaNews